Introduzione

Roma (RM)

Ecco il sito ed ecco me, finalmente liberato dall’urgenza di metterlo online. Ho intenzione di scrivere ogni giorno su pressappoco (minuscolo), o forse anche più volte al giorno, su cosa studio, leggo, provo, vedo; non sento, perché per quello ci saranno gli audio binaurali, e nemmeno quello che voglio farvi vedere, perché arriveranno dei video. Nella mia versione più euforica, pressappoco è il sito per tutto, il raccoglitore. Mesi fa, mentre lavoravo al netbook rosso, lo usai per prendere degli appunti; ho appena controllato il commit sul repo di GitHub: era il 26 ottobre 2020. Eccoli.

Il nome dovrebbe dire tutto. Non ho un’idea finale, non so come potrebbe reggere la noia quotidiana ma nella mia proiezione più dopata lo vedo al posto di tutto. Pressappoco sarà un diario dove scrivere di volta in volta, di giorno in giorno, senza troppo editing, quello che passa da qui, quello che sui social verrebbe solo inglobato.

Quindi pressappoco è un diario giornaliero pubblicato pezzo pezzo. Un insieme di messaggi vocali e di podcast (anche il podcast si chiama così). Un sito generico, per i libri e per la mia tecnologia, e un potenziale portale per tutto quel che faccio. Oppure solo un blog, un blog alla vecchia maniera. Una pratica divertente sarà scrivere quello che è successo, qualsiasi cosa sia, nelle 24 ore. Quindi la mattina cosa ho fatto? E nel pomeriggio? Esempio: stamani ho provato la CPU del notebook taldeitali e quindi ne parlo, senza aspettare la recensione finale - che non ci sarà. E se passo tre ore a cercare in rete di una cosa che ho letto, perché non incollare quegli appunti in una pagina?

Non ho fretta e non ho aspettative. Di sicuro, ad oggi, scrivere il suo codice è stata la parte migliore. Più dello scegliere il Roboto Condensed, le icone (che cambieranno), e più del primo npm run build. La ricerca che si apre con CTRL+K e i risultati da scegliere con la tastiera, il fetch ai file .svx nel modo più discreto possibile e poi il capire come prendere la pagina precedente e la successiva e filtrare il tutto con quel isPublished nel frontmatter del markdown. Ho intenzione di pubblicare dei video screencast sulle parti più importanti del codice, di spiegare le decisioni di design, e a momenti sarà online una pagina dedicata - credo la numero 2 - a tutto questo spasso.

Un diario di cedevolezza?

D’accordo, un diario. Ma perché “di cedevolezza”? È semplice. L’ho intuito e poi trascritto solo a fine agosto, di ritorno dal mare. Purtroppo non ho segnato l’origine del ragionamento, accidenti a me.

Perché questo nome? Parte dalla sensazione di benessere dopo l’attività fisica, dall’ottimismo dopo il nuoto, dai ragionamenti positivi e fantasiosi sul mettere online una cosa che hai in testa e farla arrivare agli altri, anche passando un po’ per scemo, seguendo l’entusiasmo… e poi la realtà, sempre più brutta se vai un po’ a fondo (trovarti a casa a fare le cose che pensavi di fare e non avere voglia, spunto, energie concentrate). Da qui il bisogno di cedevolezza, perché questa negatività dipende dal voler approfondire anziché lasciare in sospeso, anziché prenderla per quel che è.

La mia ricerca è restare leggero, riconoscere e gustare ogni ottimismo, e poi aggrapparmi a quello stato ingenuo, euforico e sognante. Perché dovrei uscirne? Per andare dove? Quindi pressappoco, tutto pressappoco (un po’ alla nevermind, non importa, lascia fare) con l’obiettivo del miglioramento della voce interiore per una narrazione di qualità più alta, più nobile, più evoluta, più intelligente.

È un ragionamento che regge. Ma ho predicato bene per poi agire male. Ho pubblicato 220 commit prima di svelare il nome del sito. Ho ottimizzato tutto per filo e per segno prima di aprirlo. Ho aspettato i loghi finali (un lavoro di Michele Morisco - grazie ancora). Ho distribuito il podcast ovunque. Altro che digital garden e altro che pressappoco. Avrei dovuto discutere di questo a metà agosto e mi ci trovo ora, a fine settembre. Ero consapevole di questi errori ma non sono riuscito a lasciarli andare, a cedere. Ne ho di strada da fare. Ma intanto togliamo l’àncora e vediamo come va.

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Primi errori